Pregando la Parola
+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».
Parola del Signore
“O Dio, che vegli sulle sorti del tuo popolo, accresci in noi la fede” – ci fa pregare oggi la liturgia, o Signore!
È proprio vero, devi accrescere in noi la fede; non solo quella riguardate il futuro – escatologico o meno che sia – ma pure quella presente. Quella fede che ci fa dire che veramente tu vegli sulle sorti del tuo popolo, sul destino di ogni uomo. Lo crediamo – almeno dichiaratamente – che non siamo in balia del fato, degli eventi, della precarietà della condizione umana; eppure troppo spesso assai poco lo viviamo.
Quanti sconvolgimenti ci turbano; quanti oscuramenti, di ciò che ritenevamo fosse “faro” nella notte, ci disorientano; quante stelle, vere o presunte, precipitando ci lasciano senza riferimento. E mentre tutto pare crollarci addosso, noi dovremmo scorgere l’essenziale che resta: tu, Signore Gesù!
Accresci la nostra fede perché possiamo vederlo oltre l’invedibile e sentirlo oltre l’imponderabile.
Accresci la nostra fede perché sappiamo leggere i segni dei tempi; non solo quelli della storia universale, ma soprattutto della nostra personale.
“In che stagione è la mia vita? Quale tempo dell’anima sto vivendo?” – questo dovremmo chiederci sempre e non solo al termine dell’anno liturgico, quando tu ci sproni a fare il “bilancio” della nostra maturazione di vita. “Dall’albero di fico dovremmo saper leggere l’approssimarsi dell’estate”, dalla fede che viviamo sapremo leggere l’esistenza che conduciamo?
Donaci una simile fede, o Maestro.
Si, perché non si può restare prigionieri del passato – pur bello che fosse come le stesse, fulgido come la luna o radioso come il sole – ma bisogna protendersi al futuro, al fine senza fine, a te, Signore, unica “cosa” che resta per sempre.
Facci sentire che tu sei il Sole senza tramonto e il fulgido faro nella notte delle nostre turbinose vicende. E vivendo con fede, possiamo avere occhi che ti vedono fin d’ora venirci incontro.
Infatti alla fine dei tempi ti “vedranno venire sulle nubi del cielo” solo coloro che – obnubilati dalle effimere luci che passano – avranno vissuto volgendo altrove lo sguardo, sostituendo i doni col Datore dei doni.
Noi non dobbiamo attendere quel tempo perché – se viviamo con fede – ti contempliamo già germogliare dalla terra, pur in mezzo alla più grande tribolazione.
Non permettere che la malinconia o il rimpianto per quanto perduto possa toglierci la gioia per ciò che troveremo dinanzi a noi al culmine del cammino.
Tutto passa, solo la tua Parola resta!
Concedici perciò, Signore, di vivere preparando il cuore a te che vieni in ogni istante. Saremo immersi nell’eternità, sebbene ancora intenti a dipanare la matassa di questo sofferto tempo.
Amen