Raccontare la storia di un luogo può essere un’impresa semplice. Si elencano i punti salienti, si fa una lista delle tappe principali, quelle che ne hanno scandito i momenti più importanti. Raccontare in questo modo è molto semplice. E anche molto riduttivo. Perché in questo modo si perde l’anima, il significato, i motivi che hanno determinato i fatti di quella storia in modo che accadessero esattamente così come sono accaduti.
Raccontare la storia di un luogo è raccontare la storia delle persone che hanno vissuto quel luogo e che hanno contribuito, pezzo per pezzo, tassello su tassello, a comporre il quadro complessivo che ha determinato la storia.
Se raccontiamo i fatti, la storia di San Giovanni Crisostomo comincia in un garage: nel 1960 venne istituita la vicecura della parrocchia dei SS. Angeli Custodi: solo una cappella, dedicata a S. Giovanni Crisostomo, in un garage di Via Isola Bella 32, benedetta il 17 settembre 1960 dal Cardinale Luigi Traglia.
Se raccontiamo i fatti però tralasciamo l’essenziale.
Si dovrebbe piuttosto cominciare a raccontare una Roma che non c’è più, una generazione di persone con un passato difficile ed insieme con una grande fiducia nel futuro. Persone – giovani coppie soprattutto – che dal quartiere Coppedé, dal Salario, da Piazza Bologna allungandosi sulla Nomentana, allontanandosi per rimanere vicini, andavano a vivere alla periferia della città.
La storia vera quindi comincia dai sogni di quelle persone, dalle loro speranze e soprattutto dalla loro capacità di metterle in pratica. Le case, le strade i primi negozi e insieme, ma forse prima di ogni altra cosa, il luogo dove riunirsi, dove sentirsi comunità, dove celebrare i riti, santificare le feste, battezzare i figli. E sono quei sogni e la volontà di realizzarli, che fanno sì che in 4 anni dal 1960 al 1964, si passi dalla vicecura alla parrocchia: il 15 gennaio 1964, il cardinale vicario Clemente Micara promulga il decreto Quo aptius, con il quale è istituita la parrocchia di san Giovanni Crisostomo.
Il quartiere è giovane, pieno di bambini: servono spazi per farli giocare, luoghi dove farli crescere e così, appena istituita la parrocchia, nasce un oratorio, i campi sportivi.
Passano ancora alcuni anni e finalmente comincia la costruzione della Chiesa; durante la cerimonia di posa della prima pietra il Cardinale Dell’Acqua formula l’augurio alla comunità: ”Dimenticate i lunghi anni di sacrifici trascorsi in un umile garage..avrete qui, tra breve, la vostra Chiesa Parrocchiale nuova, degna , dimora del Signore”.
I lavori della Chiesa vanno avanti velocemente e in poco tempo l’edificio è terminato: il 16 febbraio del 1969 il nuovo edificio viene consacrato.
Ma l’edifico per il culto non basta. E perché fermarsi lì? Perché non pensare ad un luogo dove formare i bambini, dove farli diventare grandi. Altri cinque anni ed ecco la scuola.
Tutto questo nasce e si sviluppa con un sacerdote venuto da lontano. Un veneto saggio e pragmatico, abituato a lavorare sodo: la persona ideale per non disperdere, anzi per valorizzare quelle spinte, quella volontà di costruire che anima i suoi parrocchiani. Con Don Severino il feeling è perfetto, grazie a quelle alchimie che nascono e si sviluppano sulla base di ideali comuni.
E cosa c’è di meglio di una visita ufficiale per sancire il realizzarsi del sogno? La presenza fra le nostre strade, fra i nostri luoghi, del Papa, a cui è stata dedicata la scuola.
Quella certo è una tappa importante. Un fatto che a rileggerlo poi ha molti significati. È la consacrazione del percorso realizzato, il suo culmine ed insieme la fine dell’epoca pionieristica, dell’età dove tutto è possibile. Quell’insieme di giovani sognatori è diventata comunità, molti sono ormai genitori, hanno nuove responsabilità, sono diventati adulti Arrivano gli anni settanta, la prima crisi economica e fra le vie del quartiere in quelle strane domeniche di austerity si comincia a girare in bicicletta. Sono anni difficili, di scontri ideologici, di lotte politiche, anche il quartiere le vive con una inquietudine nuova. La comunità però è forte, è unita, la Parrocchia è un punto di riferimento, un luogo dove trovarsi, ma soprattutto dove ritrovarsi. Nascono e si sviluppano i gruppi, di giovani, di adulti, legati alla preghiera, alla carità.
Giovani viceparroci animano i gruppi giovanili, legati ai sacramenti, alla scuola, alla liturgia. E la comunità diventa il luogo dove coltivare grandi sogni. Mentre altri giovani fra le vie del quartiere sognano di cambiare il mondo, purtroppo a volte con mezzi violenti, Don Nazareno prima e Don Giuseppe poi, arrivano a spendere la propria vita per cambiare il mondo per davvero. E se il prezzo da pagare è lasciare tutto e volare dall’altra parte del mondo, non si tirano indietro.
Talenti si chiama il quartiere dove si trova la nostra Parrocchia e loro due non li mettono certo sotto terra i loro talenti. Li mettono a frutto, li investono per aiutare gli ultimi, per andare a costruire altre comunità, per aiutare altri uomini a realizzare i loro sogni. Mantenendo un legame con la nostra parrocchia che non verrà mai meno, perché loro fanno parte di san Giovanni Crisostomo e questa rimane la loro casa.
Arriviamo così agli anni ottanta. Il quartiere non è più periferia, non ci sono più strade bianche, la comunità è ormai consolidata. Nella nostra scuola vanno via le Suore Agostiniane e arrivano le Francescane. Nel segno della continuità, con lo stesso amore per i bambini, la stessa passione per l’insegnamento, lo stesso entusiasmo per trasmettere la fede e l’amore verso Dio e verso gli altri.
Abbiamo anche un sacerdote straniero, il libanese Don Marone, che affianca i nostri pastori ed in questo San Giovanni Crisostomo diventa avanguardia di quell’apertura al mondo che sarà un segno distintivo di anni successivi, grazie anche ai due Cardinali titolati. Già nel 1969, infatti, la parrocchia è diventata sede Cardinalizia, con il Titolo di San Giovanni Crisostomo a Monte Sacro Alto: titolare saranno prima il Cardinale mons. Vicente Enrique y Tarancon, Arcivescovo di Madrid, poi, nel 2001, il Cardinale Bernard Agré, Arcivescovo di Abidjan, in Costa D’Avorio.
Intanto nascono nuovi Gruppi, nuove iniziative: gli Scout d’Europa diventano una presenza costante, importante non solo da un punto di vista numerico nella vita della comunità, sostituendo quella di altri gruppi Scout, presenti in precedenza in modo più sporadico. Don Remo prima, Don Emilio dopo rafforzano il legame della nostra comunità con il Veneto che diventa un gemellaggio vero e proprio, se pensiamo che anche molto delle Suore Francescane della scuola arrivano da quella regione.
Arriviamo così all’inizio di un nuovo decennio, che non poteva non aprirsi meglio: abbiamo nuovamente l’onore ed il privilegio di avere il vicario di Cristo in mezzo a noi: il 25 marzo del 1990, Papa Giovanni Paolo II fa visita alla nostra Parrocchia.
Nel 1993 un vero e proprio terremoto apre una pagina nuova in questa nostra storia. Il Vicariato decide che le nomine a parroco non siano più illimitate nel tempo, ma abbiano una durata prestabilita di 9 anni. Contestualmente arriva da noi un giovane parroco, Don Paolo Tammi. Un cambiamento radicale che in poco tempo determina la nascita di moltissime nuove iniziative e soprattutto il riavvicinarsi di molti giovani alla comunità. Quei giovani, che ritrovano nel nuovo Parroco e nell’ancor più giovane vice, Don Gianni, degli interlocutori più vicini a loro e alle loro esigenze.
Proprio in quegli anni la comunità ospita per la prima volta la Missione dei seminaristi, che per due settimane vengono a vivere nelle famiglie della Parrocchia, lanciando iniziative che durano ancora oggi. E’ da lì infatti che nascono e si sviluppano i centri di Ascolto: piccoli gruppi di preghiera e meditazione della parola, che si organizzano in diversi condomini della comunità. Dopo aver attirato rafforzato la comunità e aver attirato anche i più lontani, la parrocchia entra nei condomini e nelle case del quartiere, realizzando concretamente quell’unità di intenti che l’aveva sempre animata, fin dai primi anni.
Nascono nuove attività di tipo culturale: il cineclub, il giornalino, giornate di approfondimento di tematiche sociali, con esperti e personalità di grande livello. La parrocchia non è più solamente il luogo dove si celebrano i sacramenti, ma davvero un punto di aggregazione a 360 gradi, per tutti. Anche l’oratorio e le attività sportive riprendono nuovo impulso, attirando giovani che per diverse ragioni, si erano allontanati dal mondo parrocchiale.
I giovani poi sono protagonisti insieme ai due sacerdoti, di gemellaggi con alcune parrocchie al nord e al sud Italia, determinando un dialogo e uno scambio con altri giovani, di altre realtà, lontane e nello stesso tempo unite dagli stessi valori.
Anche da un punto di vista estetico il rinnovamento si rende visibile con le nuove vetrate che abbelliscono la nostra Chiesa, ai lati dell’altare prima e poi lungo tutte e due le navate.
Viene organizzato un Sinodo Parrocchiale, una tre giorni di approfondimenti, con la partecipazione attiva di tutte le componenti della parrocchia e la rappresentanza di tutti i gruppi.
San Giovanni Crisostomo entra nel nuovo millennio con un’apertura al mondo: oltre i normali ritiri vengono organizzati dei pellegrinaggi all’estero, in Terra Santa e poi in Polonia, nei luoghi di papa Wojtila ed insieme di Don Roman, un sacerdote polacco che per diversi anni è ospite della nostra parrocchia, dedicandosi in particolare ai bambini della Scuola Paolo VI e della prima comunione.
I pellegrinaggi diventeranno un appuntamento importante per tutti gli anni successivi.
Allo scadere dei nove anni, l’arrivo di Don Gino Amicarelli trova una parrocchia ben organizzata, con tante iniziative e tanti gruppi attivi. Il nuovo arrivato, insieme al viceparroco Don Giorgio, continua nella linea degli anni precedenti. Viene organizzata una nuova Missione dei Seminaristi, si dà continuità ad alcuni appuntamenti conviviali già organizzati in passato e molto apprezzati dalla comunità, come la festa di San Giovanni Crisostomo (che in alcune edizioni arriva a riunire a cena nel cortile, quasi 500 persone in una sola notte) e la festa della Scuola Paolo VI. Viene completato l’abbellimento della Chiesa con la grande vetrata sopra l’ingresso. Nei campi sportivi e nell’edificio della Scuola vengono realizzati degli importanti lavori di ristrutturazione, rendendoli più funzionali e adatti alle esigenze dei bambini che li frequentano.
Al posto di Don Giorgio arriva Don Giuseppe come viceparroco, che si impegna in particolare con i ragazzi, creando una ricca comunità giovanile strutturata in diversi gruppi. Ad affiancare i due c’è Don Edgar, un sacerdote peruviano, quasi a sancire quel legame che grazie al Gruppo Mato Grosso è sempre stato molto forte fra la nostra Comunità e quelle lontane terre del sud America.
Prima del termine del suo mandato Don Gino viene chiamato a ricoprire un altro importante incarico nella diocesi e così al suo posto viene nominato Don Paolo Selvadagi, che resterà però nella nostra Parrocchia solamente per un triennio, anche lui proiettato verso un incarico di prestigio, che lo porterà a diventare vescovo di un settore della diocesi di Roma.
Sempre dall’America latina, al posto di Don Giuseppe viene nominato viceparroco Don Gerardo, che continuerà il suo lavoro in favore dei giovani.
E così arriviamo ai giorni nostri, all’arrivo di Don Massimo Tellan, che segna un nuovo periodo di cambiamento e di riorganizzazione.
Vengono rinnovate molte attività parrocchiali, ci sono molti cambiamenti, ben esemplificati dalla nuove veste degli interni della Chiesa, che vengono arricchiti da nuove immagini sacre.
Come dicevamo inizialmente, raccontare la storia di un luogo, di una comunità, può essere semplice e allo stesso tempo molto complesso. Una storia che ha una linea di continuità molto forte e allo stesso tempo dei cambiamenti evidenti, frutto del cambiamento delle persone che hanno guidato questa comunità e di quelle che le hanno affiancate in questo compito. Ognuna di loro ne ha costruito un pezzo, piccolo o grande non importa, comunque importante per definire il quadro complessivo di questa storia
Daniel Pennac dice che gli uomini costruiscono case perché devono vivere e scrivono libri perché sanno che devono morire. In questi cinquant’anni abbiamo costruito una cosa più grande di una casa in cui vivere e abbiamo scritto una storia più importante di un libro da leggere. Una storia che certo non finisce con questo anniversario. San Giovanni Crisostomo, dall’alto dei cieli veglia su di noi ed è probabilmente curioso,come noi, di vivere i prossimi cinquanta anni, con i vecchi e nuovi protagonisti che la porteranno avanti, scrivendo i capitoli futuri.
FAQ (domande frequenti)
Nel 1960 venne istituita la vicecura della parrocchia dei SS. Angeli Custodi: solo una cappella, dedicata a S. Giovanni Crisostomo, in un garage di Via Isola Bella 32, benedetta il 17 settembre 1960 dal Cardinale Luigi Traglia.
Il 20 aprile 1968 viene posata la prima pietra. I lavori della Chiesa terminano il 16 febbraio del 1969 quando il nuovo edificio viene consacrato.