XXVII domenica tempo ordinario- anno B

Pregando la Parola

+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

Parola del Signore

“Non è bene che l’uomo sia solo”, ci ricordi Signore!
E perché mai?
Perché siamo fatti a tua immagine e somiglianza; siamo impastati con la vita di Dio, e tu sei comunione d’amore.
Una comunione che esige corrispondenza e alterità per esser autenticamente tale, proprio come nella Trinità beata. Non è bene esser soli, perché la solitudine non si conforma al nostro esser creati per la relazione.
Da dove, allora, i nostri isolamenti, i ripudi, le incostanze, l’infedeltà?
Dalla durezza del nostro cuore. Non quello dei primordi, ancora capace di dilatarsi in modo empatico verso chi ci sta dinanzi, ma quello segnato dal peccato che sclerotizza e rinchiude in se stessi. Per la durezza dei nostri cuori cerchiamo norme, espedienti e strategie per fuggire dalla fedeltà propria di chi ama. E come non potremmo fare altrimenti, Signore, verrebbe da dire, fragili e peccatori come siamo? Eppure ora non abbiamo più alibi o scusanti, dal momento che il nostro peccato è perdonato; lo hai portato sul legno della croce e, a prezzo delle sofferenze che hai patito, ci hai dato il tuo Spirito che ha reso il nostro cuore “di carne”.
Continua, allora, ad effondere il tuo Spirito su noi affinché torni duttile il cuore e sensibile l’anima: saremo capaci di perdonare col perdono di cui ci fai dono. Non ci sarà ferita che non possa esser guarita; rottura che non si possa ricomporre; distanza che non possa colmarsi; relazione umiliata che non possa esser esaltata dall’Amore che tutto redime e trasfigura.
Donaci perciò l’apertura necessaria all’accoglienza dello Spirito, cosicché possiamo far posto in noi all’accoglienza dell’altro, senza aspettative o pretese, cercando l’armonia dell’unità ad ogni costo. E se la duttilità di cuore, ci renderà vulnerabili alle ferite dell’amare, potremo contare sulla tua forza per farne segni tangibili d’una vita spesa nell’esser dono.
Tu che “non ti vergogni di chiamarci fratelli” (cfr. Eb 2,11) nonostante le nostre miserie, santificaci col tuo Spirito perché ogni cicatrice dell’amare divenga “stigmata” dell’Amore.

Amen