XXI domenica tempo ordinario- anno B

Pregando la Parola

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre». Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

Parola del Signore

Che strano effetto, Signore, il tuo lungo discorso sul “pane di vita” nella sinagoga di Cafarnao: molti mormorano, altri abbandonano.
Cosa può aver suscitato una tale reazione in loro, in quel tempo, come anche in alcuni altri oggi?
Semplicemente la fatica di accettare la veritá della tua presenza reale nell’Eucarestia? Ma per chi crede nulla é impossibile a Dio!
Cosa allora?
Riprendendo in mano vangelo di domenica scorsa il cuore sobbalza, e comprende quale sarebbe il “linguaggio duro, difficile da ascoltare”.
“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me”.
Rimanere; essere mandati; vivere “per”: tutto questo é “duro”!
Non é il discorso sull’Eucarestia difficile da ascoltare, ma le sue conseguenze o, per meglio dire, le sue “ricadute” sulla nostra vita.
Bello essere nutriti di Te, Signore, per avere in noi la vita…ma quanto impegnativo rimanere in questa “vita”, sentendosi mandati a nutrire il mondo della vita di cui ci nutri.
Rimanere! Che verbo esigente per noi, uomini, cosí trasitori e precari nelle nostre scelte…cosí volubili.
Rimanere evoca fedeltá!
“Il Padre ha mandato Te” e Tu mandi noi! Vivere la vita come missione; come una continua tensione verso la realizzazione di un progetto che ci precede, che abbiamo ricevuto e siamo chiamati a consegnare a quanti – contagiati dalla nostra passione per esso – ci seguiranno.
Vivere la vita come vocazione e missione, debellando l’autoreferenzialitá che il nostro amor proprio vorrebbe istillarci ogni momento.
“Vivere per Qualcunaltro”, seppur Te Signore, é davvero un linguaggio duro.
Noi vogliamo vivere per noi stessi, per i nostri scopi, per i nostri interessi, per le nostre aspettative, i nostri sogni. Ma chi ti credi di essere, Maestro di Nazareth?
Sembra che tu voglia tutto, mentre sembravi volerci “dare” tutto.
Che delusione devono provare gli uditori superficiali del tuo messaggio.
Ma cosa vorresti toglierci, Gesù?
Scorrendo il vangelo vi troviamo la risposta: quello che è meramente legato “alla carne”, ciò che non giova davvero a nulla; quello dietro cui sprechiamo la maggior parte del tempo e che non é vita.
La vita vera sta nel vivere “per” Qualcuno; sta nell’amare, perché solo chi ama vive per l’amato e non per se stesso.
La fede povera ma schietta di Pietro lo ha intuito: “Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”.
Non pure “parole”, ma parole che toccano la vita, perché muovono all’amore; quello che ha il gusto di Dio – che é Amore – e per questo resta per l’eternitá.
Signore donaci di avere questa fame di Te, volendo rimanere in Te (e Tu in noi) cosí da vivere “per Te” e portare al mondo il tuo Amore, che resta per sempre. Noi non vogliamo andarcene, Signore, perché senza di Te la vita non é vita, ma solo ombra che passa!

Amen