XIX domenica tempo ordinario- anno B

Pregando la Parola

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?». Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Parola del Signore

Com’è difficile, Signore, agire bene cercando il bene, specie quando esige – come per il medico – tagliare per curare, “ferire” per sanare.
Ti ritrovi spesso solo e incompreso!
La via dell’obbedienza, certo, è la strada per non sbagliare mai, ma non esime dal peso che l’obbedire comporta. Lo ha sperimentato anche il grande profeta Elia che, obbedendo alla tua Parola, dovette agire persino di spada. E cosa ne scaturì? Vedersi abbandonato dal popolo che doveva “difendere” dai falsi profeti, quelli di Baal.
Come non comprendere il suo stato d’animo, vedendosi nel deserto dell’incomprensione e dell’abbandono ancor più di quello che volle percorrere coi suoi piedi per fuggir via? Come non capire il suo grido di stanchezza e disperazione: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri»?
Un morire che racchiude, per noi, tutta la gamma di quanto vorremmo lasciarci definitivamente alle spalle.
Nella sua “fuga”, nel suo deserto, nel suo grido, nella sua stanchezza, Signore, ritroviamo tutte le nostre. Se è successo al grande profeta come non può accadere a noi, poveri peccatori?
Come Elia, se ci lasciamo prendere dall’angoscia, troviamo ben poco sotto cui ripararci: un misero arbusto come una ginestra, neppure un albero degno di questo nome.
E tu, Signore, che facesti con lui? Cosa fai oggi con noi? Ci svegli dal torpore di questa depressione esistenziali e ci vuoi far “rivivere”, mangiando e bevendo di quanto tu prepari.
Elia ti chiedeva di prendere la sua vita e tu, Signore, gli offrivi di mangiare della tua, quella che un giorno – oltre i segni della prefigurazione – avresti offerto a noi pure nel pane disceso dal Cielo.
Elia, come noi, vorrebbe stendersi e adagiarci nel dolore, ma non si può: occorre alzarsi, mangiare, e riprendere il cammino per tutto il tempo che tu, Signore, hai stabilito.
Lui aveva ricevuto solo un poco d’acqua e due focacce eppure raggiunse il monte di Dio, l’Oreb. Dove non arriveremo noi con la forza del tuo corpo e del tuo sangue, Signore Gesù? Fino in Paradiso, dov’è la vita eterna che il tuo cibo – disceso dal Cielo – ci fa pregustare.
Se quel pane fu viatico di forza per Elia cosicché potesse perseverare nel bene, contro tutto e tutti – compreso se stesso -, quanto non ci darà il tuo Pane?
Se quel pane portò Elia dall’incontro con Dio sul monte al tornare sui suoi passi, per lottare ancora per il bene, quale forza non ci darà il tuo, Gesù, affinché diventiamo “imitatori di Dio, quali figli carissimi e camminiamo nella carità, nel modo in cui anche tu, o Cristo, ci hai amato e hai dato te stesso per noi” (cfr. Ef 5,2)? Come non ci donerà la forza di “perdonarci vicendevolmente come tu hai fatto con noi”?
Aiutaci, Cristo Gesù, ad avere la coscienza e la forza di sapere che ogni profeta, ogni cristiano, ogni amico, come pure chiunque voglia fare del bene, deve accettare la durezza del rifiuto di chi il bene non vuole compierlo.
Corrobora la nostra volontà di “piacere a Dio piuttosto che agli uomini”, come il profeta Elia prima e tu stesso, Gesù, dopo.
Donaci di non abbatterci mai per aver servito la verità con carità, neppure davanti all’incomprensione o al “disprezzo, sdegno, e ira” altrui. Importante è che doni a noi di essere sempre preservati, con la forza del tuo cibo. Cammineremo a testa alta, seppur con la schiena bassa per il peso della responsabilità, proprio come hai fatto tu, Signore Gesù, che non hai mitigato la verità del tuo messaggio davanti all’inadeguatezza dei tuoi auditori – di allora come di oggi – nel volerlo accogliere, accettare e ammettere qual vero è.
Dacci sempre questo cibo, Signore Gesù!

Amen