Pregando la Parola
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
Parola del Signore.
È strano, Signore, che – nel vocabolario della lingua italiana – il termine “visionario” abbia due accezioni diametralmente opposte e preveda il “paranoico vittima di allucinazioni visive” come pure “il mistico che ha visioni”.
Oggi siamo davanti a questo dilemma, come tuoi discepoli, nel comprendere cosa siamo. Sì, perché celebrando la tua “regalità” in un mondo come il nostro, non possiamo che chiederci se siamo dei pazzi illusi o dei mistici profetici.
Il segreto per discernerlo? Comprendere se vediamo la verità che altri non sono in grado di vedere.
Infatti se quanto crediamo di vedere non è vero, allora siamo paranoici; se lo vediamo anche nella notte della storia – come Daniele (7,13-14) – allora siamo profetici. Ma non possiamo mai sottrarci, dandolo per scontato, dal porci – come Pilato – dinanzi a te.
Siamo capaci di vegliare, dentro la notte più oscura, sapendo vedere la tua venuta “potente” pur in un mondo che proclama nei fatti il fallimento della tua missione, oppure ci siamo lasciati addormentare, obnubilare dalle sue logiche fallimentari che si spacciano come potere egemone?
Sappiamo vederti come Colui che “ci ama e ci ha liberati” (cfr. Apoc 1,5) facendoci suoi, oppure testimoniamo ben altra appartenenza col vivere da schiavi che si assoggettano a chicchessia pur di sentirsi considerati più che amati?
Possiamo affermare, con la credibilità della vita più che delle parole, che tu “vieni” perché sei il futuro nostro e della storia tutta?
La risposta è tutta nella verità che abbiamo ascoltato e, ascoltandola, l’abbiamo fatta nostra, credendola vera. O forse sarebbe meglio dire che, ascoltandola, ce ne siamo lasciati fare Suoi, conquistare, perché la verità non è una idea, non è un assioma, ma per noi sei tu, o Maestro!
Sei tu, Signore, che noi continuiamo a vedere in un tempo di ciechi, a contemplare in un mondo spesso incapace di andare oltre l’apparire dell’effimero e transitorio.
Ti vediamo re di un regno ancora possibile da realizzare qui e ora, pur non seguendo le logiche di “questo mondo” (cfr. Gv18,36). Lo vediamo e per questo ti vogliamo seguire.
Ti seguiamo come re di un regno il cui statuto non è la sopraffazione, il potere fine a se stesso, il perseguimento del proprio interesse, l’annientamento dell’avversario, ma il precetto di un amore, umile, che si dona, che si pone a servizio, che annienta se stesso pur di non perdere l’altro; che non versa una goccia di sangue altrui, ma effonde tutto il proprio per gli altri…
Tu sei il nostro Re!
Lo diciamo, oggi lo proclamiamo solennemente, ma, mentre questa verità carezza le nostre labbra, dobbiamo confessare che, probabilmente, essa non trasforma ancora il nostro cuore. Così, pur potendo riconoscerci come visionari nel senso mistico del termine, il mondo ci addita come illusi, se non “paranoici”, che seguono un miraggio piuttosto che la Verità. Forse sarebbe stato più facile dichiararti, come il procuratore romano, “re dei Giudei” piuttosto che accettarti nostro re; più facile certo, ma non certo più efficace per ognuno di noi come per ogni uomo fino alla fine dei tempi. Donaci di volerlo credere davvero, o Re dell’universo, e non solo vagamente saperlo, per una semplice religiosità ereditata dalla tradizione.
Donaci, Signore Gesù, la grazia di tornare a lasciarci trafiggere dalla contemplazione del tuo amore per noi cosicché possiamo vedere la verità di quanto crediamo e, credendolo, viverlo da “testimoni fedeli” (cfr. Apoc 1,5) come te.
Allora saremo membri del tuo “regno di verità e di vita, di santità e di grazia, di giustizia, amore e pace” (cfr. Liturgia odierna) perché tue membra e, come tali, costruttori del regno di Dio nel presente del mondo.
Amen