XXXII domenica del Tempo Ordinario – anno C

Pregando la Parola

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Parola del Signore.

Lentamente e “inesorabilmente” il tempo scorre verso l’epilogo delle cose, Signore, e sono a noi affidi la possibilità di lasciare che esso “finisca” o “si compia”. Si, perché non è il tempo a determinare la vita ma la vita a determinare il senso del tempo in cui si dipana.
È per questo, o Maestro, che in queste ultime domeniche dell’anno liturgico, la tua Parola ci volge a considerare il senso ultimo delle cose…a prendere coscienza se stiamo camminando verso la fine o il fine di tutto.
Beati noi se sapremo vivere conoscendo il fine della nostra esistenza: saremo vivi della Vita che la morte non può scalfire.
Ma se lo avremo perso, perdendo l’orizzonte ultimo del viaggio, saremo gia morti pur essendo biologicamente vivi; infatti dal primo istante che siamo nella vita, la nostra natura caduca inizia ad invecchiare…
Questo il senso del tuo esortarci, Signore Gesù, a credere che Dio è il “Dio dei viventi e non dei morti”, lasciandoci intuire che non solo Egli è la sorgente della vita ma pure che, per incontrarlo, occorre voler essere vivi!
Ma cosa significa questo che affermi: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio».
Probabilmente vuoi ricordarci il senso di questa vita, svolta nel tempo e nella eternità!
Cosa cerchiamo in questo tempo e cosa aneliamo di più se non l’amare e il sentirci amati? Cos’è questo “prendere moglie e prendere marito” se non la ricerca di compiere quest’anelito nel mutuo donarsi e riceversi? Tutti, infatti, vorremmo poter essere amati “perfettamente” e le frustrazioni, le delusioni, i fallimenti nascono spesso da questo “sogno” irrealizzato. Desiderio che, se umiliato, viene tanto eluso da renderci prigionieri del disincanto e della paura d’amare.
Invece non dovremmo mai dimenticare che in questo amore reciproco – che sia sponsale, come d’altra natura – non c’è altro che l’opportunità di vivere, in modo imperfetto ma come anticipo e caparra, l’essere amati da Dio.
Solo Tu, Signore, puoi amarci perfettamente.
Per questo motivo, quando saremo dinanzi a te, assorbiti dalla realtà piena del tuo essere Amore, non avremo bisogno di “prendere ne moglie ne marito ma saremo come gli angeli” immersi nella tua bellezza.
Si può cercare ancora un pallido riflesso della luce quando si è dinanzi al sole? Si può desiderare ancora un sorso d’acqua quando si è immersi dentro la sorgente stessa? Si può cercare ancora una briciola d’amore quando si è nel banchetto dell’Amore pieno e perfetto?
Nonostante ciò non credo, Signore, che tu volessi dire che non ritroveremo tutto e tutti nell’eternità, quasi perdendo coloro che imperfettamente – ma totalmente – avremo amato nel tempo! Infatti tu resti il Dio “personale” di ciascuno: “di Abramo, d’Isacco e di Giacobbe”.
Saremo tutto in tutti, amando perfettamente ciascuno così come ci sentiremo amati da Te, Uno e Trino Signore.
Tu che ci hai amati fino a darti tutto per noi, aiutaci a vivere di questa “consolazione eterna e buona speranza, confortando i nostri cuori e confermandolo in ogni opera e parola di bene”(cfr. 2Ts 2,16).

Amen