Pregando la Parola
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
Parola del Signore
Che senso ha, Signore, parlare ancora di “comandamento”? Parlarne oggi dove tutto è diritto e nulla sembra più essere un dovere? Tempo nel quale tutto ci appare dovuto e niente più conquistato, anche a prezzo di sacrificio? Comandamento; Legge; obbedienza…parole antiche tanto da sembrare obsolete!
Ognuno vuol fare ciò che vuole, determinare ciò che è giusto, stabilire cosa sia vero. Siamo malati di quell’individualismo che rende la parola “comunità” astratta se non funzionale al proprio “io”.
Non sarà per questo che anche l’amore è diventato altrettanto un’astrazione, un semplice sentimento – esposto alle intemperie del momento -, una realtà precaria o, peggio, una chimera?
“Amerai” indicativi futuro del verbo amare.
Perché l’amore è un comando più intimo a noi di noi stessi, se è vero che siamo fatti a tua immagine e somiglianza, Dio che sei amore. È scritto in ogni fibra del nostro essere e non ottemperarlo equivale al “non essere” affatto. Sarebbe cessare di essere uomini e, purtroppo, vediamo bene come sia disumano questo mondo se privato dell’amore. Siamo creati dal tuo amore; siamo fatti per amare; “siamo” ogni qualvolta viviamo con amore, pena non vivere veramente. Per questo il primo comando, radice dell’amore, è rivolto a te, o Dio, sorgente del nostro essere ed agire. E il secondo ne ratifica l’autenticità perché se non amiamo il fratello o la sorella che vediamo, come potremmo amare Dio che non vediamo? (Cfr. 1Gv 4,20). Se non siamo uniti alla Sorgente come potremmo abbeverare gli assetati che ci circondano; e se anche ci soccorressimo tra assetati, senza attingere alla Sorgente, cosa potremmo condividere se non le nostre aridità?
Donaci, o Maestro, di ricordare sempre che l’amore è un comando cui obbedire per essere vivi e, vivendolo, scoprire che nulla è più liberante dell’amore, anche quando per realizzarlo dobbiamo lasciarci inchiodare alla croce. Poiché “l’amore non consiste nel provare grandi sentimenti ma nell’avere grande nudità e nel patire per amore dell’Amato” (cfr. San Giovanni della Croce).
Amen