Pregando la Parola
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricordati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
Parola del Signore.
“Guai agli spensierati” (Am 6,1a) è l’introito della parola odierna e subito un fremito ci pervade la schiena!
Ma come, Signore?
Come “guai”?
Ma non è il desiderio di ogni persona poter vivere il tempo senza pensieri gravosi, senza fatica, senza preoccupazioni, senza angosce?
Ora ti ci metti anche tu, specie in questo tempo in cui i pensieri si fanno cupi e sembrano privarci non solo del domani, ma pure dell’oggi?
No, Signore, non ci siamo. Noi vorremmo poter vivere in modo spensierato e tu non puoi biasimarci!
Eppure, se ci fermiamo a riflettere, se pensiamo alle radici dei nostri desideri di spensieratezza, se ci chiediamo perché mai sembri essere così duro, non possiamo che riconoscere che non hai torto. Anzi – anche se non ci fa piacere ammetterlo – hai ragione perché non si può sprecare il tempo, “vivendolo in modo dissoluto”; “sciogliendo” o “disciogliendo” – come l’etimologia del termine ci ricorda – la sostanza della nostra esistenza, annacquandola col non considerare quanto siamo chiamati a vivere.
In questa luce, dunque, possiamo accogliere la parola del vangelo che, probabilmente, non vuole essere solo una ennesima esaltazione dei poveri a dispetto dei ricchi in quanto tali, ma una esortazione alla lungimiranza di vivere la vita pienamente, guardando all’orizzonte ultimo senza che le nostre ricchezze, le sicurezze, ci releghino all’immediato. Un immediato che, per quanto appagante, potrebbe tramutarsi in una gabbia, dorata certo ma pur sempre “gabbia”.
Tu ci hai creati per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te – diceva sant’Agostino – eppure, troppo spesso, le cose che vorremmo ci arricchissero finiscono per anestetizzare questa inquietudine salutare, che ci fa guardare oltre l’immediato, oltre il contingente, oltre la pancia piena e la veste sontuosa che paiono renderci spensierati.
Donaci di credere che camminiamo verso “il seno di Abramo” e tutti i nostri pensieri saranno volti verso questo scopo, piuttosto che affannarci nell’ottenere il contrario di quanto promette: preoccupazioni più che vera spensieratezza.
In fondo, lo confessiamo, diciamo con le labbra di “credere alla vita eterna” ma, nei fatti, ci crediamo assai poco.
Se così non fosse sapremo investire meglio su di essa, facendo scelte d’amore che l’edificano fin d’ora.
Se così non fosse poco ci interesserebbe che, attorno a noi, ci fosse “l’orgia dei dissoluti”, invece che invidiarla per la loro spensieratezza…
Donaci, Signore, di avere quella lungimiranza che fa guardare lontano al nostro futuro, al nostro destino eterno, perché, contemplandolo, ci renderemo conto che, per conseguirlo, dobbiamo investire nel presente attraverso l’amore per quanti ci vivono accanto.
Donaci di accorgerci delle ferite purulente di questa umanità – che bussa alle porte del nostro cuore – perché, lenendole, possiamo ricevere l’unguento di quell’amore che rimargina le nostre.
Amen