XXII domenica del Tempo Ordinario – anno C

Pregando la Parola

+ Dal Vangelo secondo Luca
Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Parola del Signore.

Come in quel sabato, Signore Gesù, oggi entri nelle nostre assemblee, nella “casa” delle nostre comunità, e ci stai ad osservare. Si, perché non è solo vero che il nostro sguardo è rivolto al cielo, verso di te, ma tu pure ci stai a guardare, anche se spesso siamo così distratti da sapercene accorgere. E cosa vedi, o Maestro? Quali sono le dinamiche che nostro agire, del relazionarci gli uni agli altri? Quali gli atteggiamenti che assumiamo e che – malgrado quanto possiamo dichiarare a parole – rivelano l’autentica natura del nostro essere? Cosa vedi in noi, Signore? Cosa noti, in me?
Se ci fermassimo a porci, almeno una volta, questi interrogativi, capiremmo molto più di quanto tante “prediche” ci possano dire!
Dove si posano i nostri occhi? Di cosa bramano nutrirsi?
Tu ci osservi, molto più di quanto noi guardiamo a te. E, per questo, abbiamo perduto la capacità di guardare a noi stessi; abbiamo dimenticato di custodire quella “obiettività” umile, senza alterigia dello sguardo, che ci consentirebbe di guardare diversamente pure gli altri.
Come poterla recuperare, Signore Gesù? Come viverla affinché la “misura” del nostro nutrirci del Vangelo, sia autentica a tal punto da fare delle nostre assemble una famiglia, delle nostre chiese una casa dove tutti si sentano invitati e onorati come ospiti imprescindibili alla mensa dell’Amore?
Custodendo un cuore umile e un animo generoso.
Quell’umiltà che tu, Signore, ci hai dimostrato sapendo “scendere” fin giù dal Cielo, pur di portarci sù, “più avanti”, fin davanti al Padre.
Quella gratuità che ama donare senza nulla aspettarsi in cambio perché il premio dell’amare e l’amore stesso; quello assaporato oggi, come preludio e caparra, e che godremo in pienezza alla resurrezione dei giusti.
Donaci allora, o Maestro, di saper imparare da te l’arte dell’umiltà che rende autentica pure la generosità, infatti questa senza quella potrebbe pure tramutarsi in vanità.

Amen