Pregando la Parola
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.
Parola del Signore
Quanto ci chiediamo, Signore, “chi siamo”?
“Chi sono io nel mondo, nelle relazioni, nelle avversità della vita come nelle opportunità? Chi sono e cosa sono “destinato” ad essere? Chi sono anche rispetto a Dio?” – domande spesso disattese o eluse. Mentre siamo tanto preoccupati di chi siamo per gli altri e, peggio ancora, cosa gli altri possano pensare e dire a nostro riguardo. Ombre incerte e indefinite dietro maschere di apparenza.
Ci spiazza ascoltare – nel vangelo di questa domenica, in controtendenza rispetto a tutto il resto – che tu pure sembri essere preoccupato delle opinioni della “gente”. Invece, con la tua pedagogia di Maestro, vuoi condurre i discepoli di ogni tempo a domandarsi progressivamente chi tu sia per loro. Per loro che hanno vissuto già quasi tre anni accanto a te, che dovrebbero conoscerti al di là delle apparenze e anche oltre i segni stessi di cui sono stati testimoni oculari. Per noi, che fin dal sorgere della nostra vita, abbiamo avuto modo di conoscere la tua storia narrata dal vangelo; per noi, che dovremmo aver visto i segni della tua presenza nella nostra vita e cosa accade quando vogliamo “toglierti di mezzo” per fare come tu non ci fossi. Eppure sia loro che noi, siamo spesso disorientati da questa domanda. Sì, perché non basta starti accanto, non basta “sapere”, non è sufficiente “vedere” per conoscerti veramente. Occorre la fede!
È paradossale ma vero che potremmo saper tutto di te, conoscere ogni cosa a menadito, eppure senza la fede non saremmo in grado di comprendere quanto dici; saremmo incapaci di capire pure i segni più eloquenti. È la fede che apre la mentre e lo sguardo alla comprensione di chi tu sia non solo “per me” ma anche per “noi”. Infatti se è vero che ognuno è chiamato a interrogarsi personalmente su chi tu sia per lui, è altrettanto vero che la fede è un dono condiviso. Tu ci dici: “voi, chi dite che io sia”. Dono che parte da un tu e approda al voi. La fede è dono del Padre a ciascuno ma ciascuno può approdarvi nella condivisione dell’essere Chiesa, fondata sulla dura roccia della professione di fede di Pietro.
L’esperienza del tuo essere, per ciascuno – a seconda della sua storia di vita -, forza nelle avversità, rifugio nella paura, sicurezza nelle impervie vie della storia, speranza nel domani, e quant’altro, non è che il punto di partenza. C’è ancora troppa “carne e sangue” in quel che possiamo dire di te. È necessario che lo Spirito, dato dal Padre, ci riveli perché tu sei forza, rifugio, sicurezza, speranza; che ci dica che lo sei perché sei il “Figlio del Dio vivente”.
Se lo Spirito ci svela la tua natura divina, oltre la ben visibile umanità, allora tu sveli la nostra vera natura umana. Come Pietro sapremo non solo chi tu sei per noi ma pure chi siamo noi per te; come lo stesso Francescano d’Assisi che si chiedeva, senza sosta, chi fossi tu e cosa fosse lui per te. La fede incrollabile della Chiesa che percorre le vie dello Spirito e non solo dell’intelletto, per quanto acuto possa essere.
Donaci, Signore Gesù, questa fede forte perché umile nell’accogliere quanto lo Spirito, dall’alto, può farci ascoltare, vedere, comprendere e, finalmente, approdare all’amarti.
Poco ci interesserà cosa il mondo abbia da dire come “opinione” di te e di noi; saremo piuttosto interessati a rivelare al mondo la “verità” di chi tu sei. Parrà proselitismo ai qualunquisti, opinionisti, sondaggisti, ma sarà gioia di condivisione a chi brama un cibo che non marcisce e una sorgente inesauribile per l’inquietudine di chi anela la risposta al suo essere nello spazio e nel tempo, qui e ora, camminando verso un orizzonte che non tramonta nella tua sequela verso Gerusalemme.
Amen