XX domenica del tempo ordinario – anno A

Pregando la Parola

+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore ¿ disse la donna ¿, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Parola del Signore.

…quanta angoscia, quale dolore dovevano avvolgere il cuore della donna cananea per darle tanta forza nel farsi avanti e chiedere quanto, ad un’estranea, appariva sicuramente precluso. Quella figlia, dono di Dio, non era più “sua” – per quanto lo possa essere un figlio per il proprio genitore – e neppure di se stessa ma in preda ad uno spirito maligno. Realtà del male che espropria di vita la vita stessa, togliendole libertà. Che pena doveva sentire nel grembo quella donna che l’aveva generata, per un’esistenza di libertà e d’amore…quale fremito doveva sentire nell’anima col vederla soffrire prigioniera del male. Come non riconoscere il quella madre la pena e la sofferenza di tante madre in ansia per la sorte dei propri figli malati, nel corpo o nello spirito, e vedervi il loro struggimento per il senso d’impotenza davanti alla realtà. Come non ravvisare nella sua ansia, per la sorte della persona amata, l’ottenebrata reazione di ognuno di noi dinanzi al soffrire di chi amiamo? E tu, Signore, sembri cieco e sordo alla supplica di lei – come spesso di noi – per il fardello del male che schiaccia l’umana fragilità… Eppure quale speranza, contro ogni speranza, l’ha resa imperturbabile nel continuare a chiedere anche dinanzi alla tua apparente sordità e incuranza, Signore. La sofferenza per il male aveva generato in lei la “domanda” di guarigione, la preghiera, ma solo la perseveranza ha fatto scaturire in lei quella fede che compie il miracolo della salvezza. È innegabile, Signore, che spesso le nostre preghiere sono dettate più dalla necessità che tu soddisfi un bisogno – seppur legittimo e autentico – piuttosto che dalla fede nella “relazione” col Padre, scaturita dall’essere figli in te. Ci contentiamo delle briciole piuttosto che sedere a mensa da figli; vogliamo la salute piuttosto che la salvezza; il benessere invece del Bene! Solo la perseveranza è capace di svelare i moti dell’anima ed i sentimenti del cuore in ogni relazione, filiale col Padre quanto quella fraterna tra noi. Infatti solo la fedeltà rivela la realtà dell’Amore; la perseveranza l’autenticità dell’amare, scevro da ogni tipo d’interesse personale. La donna di Canaan, se ci rappresenta nel modo di essere davanti all’arroganza del male, ci sia pure di esempio nella modalità del perseverare per amore di chi si vuole amare, amandoTi. Nell’ascoltare questa vicenda, del tuo cammino di vita, ci soffermiamo troppo spesso solo nel rapporto tra te, Gesù, e lei…eppure, il vangelo, ci consegna qualcosa di più! La presenza, a prima vista trascurabile, ma non certo così, dei tuoi discepoli. Una presenza che si fa interlocutoria, promotrice di una richiesta, ma non ancora col valore dell’intercessione. Infatti a muoverli non è tanto la compassione per la pena della donna, quanto il fastidio per il suo “gridare dietro”! Quante volte, anche noi discepoli di oggi, vorremmo il tuo intervento, Signore, solo per toglierci un fastidio, l’imbarazzo di una presenza che scomoda la nostra attenzione, invece di farci carico dell’altrui dolore come fosse nostro; un grido che dobbiamo imparare a non voler più soffocare ma amplificare con la nostra partecipazione alla vita dell’altro, che incrocia la nostra strada. Donaci pertanto, Signore, la fede perseverante nel chiedere salvezza per noi e forza nel partecipare alla sofferenza dei fratelli, divenendo voce impetrante sollievo per loro.

Amen