XIV domenica del Tempo Ordinario – anno C

Pregando la Parola

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città».
I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

Parola del Signore.

Perché mai, o Signore, inviare i discepoli, di ieri e di oggi, a “due a due”? Non è una strategia limitativa? Non uno “spreco” di forze?
Quanti più villaggi si sarebbero potuti raggiungere se ognuno fosse andato per “conto proprio”. quanto più semplice lasciare Quanto più semplice se ciascuno potesse fare di testa propria, con proprie logiche, idee proprie e quant’altro di “proprio”, senza doversi costantemente relazionare, confrontare, commisurare con un “altro”!
Ma questa non è la logica del Regno, ne tantomeno di Dio, perché Tu sei un Dio di comunione, dove non regna la logica dell’ “io” ma del “noi”. Per questo mandi i tuoi “a due a due” dove stai per recarti, perché la nostra vita di comunione sia “propedeutica” al Tuo arrivo; affinché quanti ci vedono – prima ancora che ascoltare il nostro annuncio – possano essere dischiusi al Tuo amore, chiedendosi come sia possibile il nostro stesso amarci…ed in un mondo lacerato e diviso dall’orgoglio, poter essere uniti.
Perché la nostra vita sia un “farti presente” attraverso noi, piuttosto che un semplice, quanto poco efficace, “raccontarti”.
Farti presente con una vita di comunione, ma in che modo?
Con la passione missionaria di chi vuole donare la consolazione di cui Tu ci consoli, all’abbondanza del seno della Gerusalemme madre.
Con la consapevolezza che affidi a noi il compito della missione ma che non tutto dipende dalla nostra “efficacia”, per cui non si deve mai smettere di “pregare il padrone della messe”. Tu solo sei l’origine, la fonte e il termine ultimo della missione stessa.
Con l’autenticità gratuita di chi sente di non cercare nessuna gratificazione, nessun riconoscimento, nessun attestato di merito – come accade nelle logiche “del mondo” – poiché l’unico “vanto” è nel partecipare della croce: fallimento per gli uomini ma gloria per Dio.
Con l’animo riconciliato, anzitutto con noi stessi, per essere riconcilianti con gli altri, in Te, e diffondere cosí la pace che Tu fai scaturire in noi, prima ancora che il mondo sia in pace o meno con noi.
Con l’urgenza di chi non perde tempo in chiacchiere “lungo la via” ma corre spedito alla méta, percorrendo la strada che Tu sei.
Con la leggerezza di chi non si appesantisce coi “calcoli” pianificatori che riempiono la bisaccia dei nostri desideri e intenti.
Con la fiducia di chi, leggero, confida che la tua provvidenza darà il necessario, liberandoci dal superfluo.
Con l’amabilità di chi s’intrattiene nella familiarità, laddove trova accoglienza.
Con la serenità di chi non si arrende davanti al fallimento del rifiuto, che si può incontrare per le chiusure dei cuori prima ancora delle porte delle città.
Con la gioia di vedere i frutti della missione, ma custodendo l’umiltà del rallegrarsi, assai di più, nel sapere il proprio nome “scritto nei cieli”, impresso sul palmo della Tua mano.
Non stancarti mai di “inviarci”, Signore, e non cessare mai di farci tornare a condividere, avendo fatto della condivisione nell’amore il nostro stesso paradigma di vita: il Regno, che annunciamo, lo avremo mostrato vivo già in noi!

Amen