Pregando la Parola
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Parola del Signore.
Che bello ascoltare la proclamazione aulica e solenne delle beatitudini; bello sentirti annunciare l’orizzonte alto del vangelo…ma ben altra sensazione si prova, Signore, se l’ascolto deve condurre a noi, ad offrire a noi lo stile paradigmatico del discepolo da perseguire per essere “beati”, felici.
Allora subentra un certo imbarazzo perché un conto è pensare che Tu proclami beate queste “categorie” di persone – che il mondo reputa sfortunate – tanto per “consolarle”, e ben altro è sapere che Tu dichiari beati coloro che, seguendo Te, cercano di vivere conseguendo questa beatitudine evangelica!
Sí, proviamo imbarazzo perché noi non diremmo mai felici i poveri in spirito; coloro che sono nel pianto; i miti; gli affamati di giustizia; i misericordiosi; i puri di cuore; gli operatori di pace; i perseguitati per la giustizia, e persino noi perché possiamo “soffrire” a causa tua e del Regno. Anzi tu non dici che saremo beati “se” saremo perseguitati a causa del vangelo, ma affermi che lo saremo “quando” questo avverrà, quasi che sia “conditio sine qua non” del discepolato l’essere perseguitati per Te.
Felicità beata lontana dai nostri parametri così ottenebrati e gravati dalle nostre logiche di tornaconto, di potenza, di affermazione su tutto e tutti, di cupidigia nel possedere cose e persone a tal punto da divenirne schiavi…Eppure S. Paolo ci ricorda oggi che siamo stati chiamati non perché sapienti, forti, notabili nel mondo…lui ce lo ricorda facendo echeggiare la tua parola e, nonostante questo, torniamo a dimenticarlo inseguendo la forza, la logica umana, l’onorabilità che il mondo riserva a ciò che gli appartiene.
Ma noi siamo tuoi o siamo del mondo? Forse, ancora troppo, viviamo nel compromesso tra questi due orizzonti e per questo – non essendo ne caldi ne freddi – siamo scontenti e infelici, altro che beati!
Mosé salì sul monte a prendere la legge, lasciando il popolo alle pendici del monte. Una legge che doveva essere strada per la beatitudine e venne vissuta come “giogo” imposto dal Cielo, piovuto dall’alto…
Tu Signore Gesù, consapevole di questo, sei salito sul monte portandoci con Te perché imparassimo ad aspirare gli orizzonti della logica divina, respirando il gusto della tua prossimità e delle altezze di Dio!
Portaci ancora con te perché solo così potremo non solo comprendere ma anche vivere della beatitudine a cui ci chiami, nella sobrietà di chi viaggia spedito nei sentieri del tempo senza i fardelli del possesso, delle contese, dei rancori, delle vendette, di un cuore ambiguo – che non vede bene gli altri e quindi neppure Dio -, della sopraffazione, del successo umano. Portaci con Te, Maestro, e scopriremo che la vera beatitudine sta nella libertà di appartenere a Te solo che nulla vuoi e tutto dai.
Portaci con Te sul monte; non lasciarci né alle sue pendici e tanto meno “raso terra” perché la nostra vita non finisca, fin da ora, sotto terra!
Solo in Te, con Te e per Te saremo beati nel tempo e nell’eternità.
Amen