IV Domenica di Pasqua – anno B

Pregando la Parola

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
Parola del Signore.

È proprio vero, Signore, che nella vita non si può non conoscere se si vuole vivere e vivere scegliendo il bene, oltre che scegliere bene. Conoscere ciò che soggiace a quanto accade, al perché accada, e dove porta quanto accaduto. È necessario non tanto per sapere ma perché, sapendolo, ci sia salutare per lo stesso vivere. Per questo Pietro, interrogato riguardo lo storpio guarito, aiuta i suoi uditori a conoscere la verità delle cose (cfr. At 4,8-12). Conoscere i fatti e comprenderne il senso, lo scopo e il fine ultimo.
Allora concedici, Signore Gesù, di lasciarci, anzitutto, guidare dallo Spirito per comprendere come dietro il dispiegarsi della storia vi è la mano provvidenziale di Dio, che tutto conduce secondo i suoi disegni.
Conosceremo così che – come avvenuto con te, pietra scartata dai costruttori ma divenuta pietra angolare – anche quello che apparentemente è trascurabile per gli uomini, per noi stessi, nelle sue mani diventa essenziale per costruire la nostra esistenza nel tempo e per l’eternità. Vedremo persino come le “cose” che avremmo scartato sono, altresì, pietre miliari su cui costruire ed erigere la nostra vita.
Conosceremo così quanto grande è l’amore del Padre per averci fatto dono di essere “chiamati figli di Dio” (cfr. 1Gv 3,1-2). Una conoscenza “già” svelata ma “non ancora” rivelata nella sua pienezza perché sarà compiuta soltanto quando potremo essere faccia a faccia, vedendoti così come tu sei.
Quanta tristezza nel prendere coscienza che “il mondo non ci conosce perché non ha conosciuto te”. Ma, al contempo, quale occasione per riconoscere, pentiti, che troppo spesso siamo noi pure ostacolo al non conoscerti, da parte del mondo, perché non ci “amiamo gli uni gli altri come tu hai amato noi”. Infatti cosa ci hai insegnato? Che tutti ci riconosceranno se avremo amore gli uni per gli altri (cfr. Gv 13,34-35). E perché non lo facciamo? Probabilmente perché ancora poco siamo pecore vere del tuo gregge. Siamo stati segnati dal tuo amore – versato col sangue sulla croce -, ma troppo in epidermide, come si marchiano le pecore, piuttosto che essercene lasciati circoncidere il cuore. Dovremmo aver imparato a conoscere, conoscendoti, come sia essenziale nella vita fare le cose per passione, “per amore”, e non per interesse. Conoscere i tratti distintivi del pastore, assai diversi dal mercenario. Conoscerli e imitarli: questo significa seguirti come parte del gregge! Concedici, pertanto, la mansuetudine delle pecore affinché, conoscendoti, possiamo continuare a dare la tua vita assieme a te per l’unità del gregge oltre ogni steccato, recinto o barricata. Facci testimoni di gratuità, rendici garanti di fraternità, dacci di compiere il tuo disegno di unità.
Conosciuti conosceremo e, conoscendo, ti faremo conoscere come il Pastore bello delle nostre vite.

Amen