III Domenica del tempo Ordinario – anno C 2022

Pregando la Parola

+ Dal Vangelo secondo Luca
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto «Lo Spirito del Signore è sopra di me;per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

Parola del Signore.

Ricevere, comprendere, cercare, valutare la fondatezza, ma anche, o Signore, sentire la premura, l’urgenza, la necessità di trasmettere quanto ricevuto. Questo l’orizzonte della fede che, primi fra tutti, ha investito gli apostoli, gli evangelisti, e – di generazione in generazione – i discepoli d’ogni stagione della storia.
E come potrebbe essere altrimenti? Se si è scoperto il tesoro nascosto nel campo della storia, la perla preziosa che dà valore alla vita, la luce che dirada tutte le tenebre, la verità che rende liberi, la speranza che sostiene in ogni tempesta, l’amore che appaga l’esistenza e la veste di eternità, come non lo si vorrebbe persino gridare dai tetti? Non è possibile non trasmettere perché un cuore colmo trabocca di suo, senza doverselo ricordare o imporre.
Chi si è lasciato accendere dal fuoco che sei venuto a portare sulla terra, come potrebbe non propagarne il calore ovunque si trova?
Allora, o Maestro, perdonaci perché troppo spesso non trasmettiamo il dono della fede, essendo divenuti tiepidi – se non addirittura freddi – col viverla senza un fondamento solido: la relazione con te, roccia della nostra salvezza.
E perché?
Probabilmente perché non sentiamo più il bisogno, nel mondo attuale, di essere “salvati”! Sì; la pandemia, nel migliore dei casi, ci ha fatto riscoprire la nostra fragilità ma – come gli stolti che guardano il dito mentre il saggio indica la luna – ci siamo concentrati sulla necessità di essere “guariti” e non salvati. Figli della globalizzazione, supportati dai continui progressi della ricerca scientifica, ubriacati dalle conquiste tecnologiche, siamo finiti col crederci autosufficienti, se non “onnipotenti”. Ci salviamo da noi o, quanto meno, illudiamo noi stessi di poterlo fare.
Così, o Signore, l’annuncio del compiersi dell’avvento messianico – contenuto nel bellissimo vangelo della liturgia odierna – perde la sensazionalità che aveva suscitato all’epoca dei fatti. Lì, veramente, c’era un desiderio di salvezza; ma oggi?
Chi sente di dover essere salvato?
Chi si sente ancora povero in un mondo in cui tutto ci porta al benessere consumistico? Chi percepisce la sua cecità in un tempo in cui tutti – a ragion veduta o meno, poco importa – hanno la pretesa di poter scrivere (magari sul social di turno) cose volte a “far aprire gli occhi”? Chi sente il peso della “prigionia” – morale, sociale o spirituale – in un’epoca in cui, pur di essere liberi, si è voluto occultare ciò che apparentemente rendeva schiavi? Chi anela percorrere l’irto sentiero della libertà, quando può facilmente intraprendere quello del libertinaggio?
Chi si sente ancora oppresso dal male o dal peccato se, oggi più che mai, il male è divenuto soggettivo e il senso del peccato pressoché inesistente?
Chi vuole essere in grazia di Dio piuttosto che ingraziarsi gli uomini per essere “da loro ammirati”?
E allora, tu, Signore Gesù, Messia inviato agli uomini di tutti i tempi, a che servi? Il tuo essere l’Unto di Dio a che ci serve, se siamo circondati da untori di appaganti false speranze?
Continui a fallire, ad essere lo scarto dell’umanità! Ma come direbbe – parafrasandolo – Paolo, ciò che è stoltezza e scarto per gli uomini è sapienza e forza di Dio.
Tu, salvatore dell’uomo, scartato dagli uomini che ritengono salvarsi da soli, sei salvezza per tutti gli scartati della storia: ciechi, storpi, zoppi, prigionieri, oppressi, dis-graziati.
Donaci allora, o Maestro, di sentirci veramente così: bisognosi di salvezza. Sentendoci amati a tal punto da esser salvati, sentiremo esploderci il cuore di gratitudine per cotanto amore e lo trasmetteremo, “gridandolo dai tetti”, a tutti coloro che ci porrai accanto.

Amen