III Avvento – anno A

Pregando la Parola

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».

Parola del Signore.

È vero, Signore, ci siamo così assuefatti alla tristezza da non trovare più i motivi che ci conducono alla gioia vera.
Rincorriamo allora elisir di presunta felicità per sopravvivere, inseguendo allegria, gratificazioni e piaceri d’ogni genere. Ma la gioia, la gioia è ben altra cosa. Essa sgorga quando si vive e non si sopravvive appena.
La gioia permette di vedere, sebbene si appaia ciechi; consente di saltare, pur essendo zoppi o storpi; permette di venir purificati, qualunque lebbra possa averci contagiato dalla resa al male; offre un udito affine alle liete notizie, non perché non si ascoltino le cattive ma perché si crede che il bene – spesso nascosto e silenzio, per sua natura – è all’opera nonostante tutto e tutti. La gioia può resuscitare persino i morti…
Allora perché non sappiamo più gioire?
Perché vorremmo ciò che piace a noi, desidereremmo ciò che ci aggrada, aspettiamo quel che sogniamo piuttosto che attendere quanto sogni tu.
E allora andiamo in crisi!
Si, andiamo in crisi perché non ci dai quel che vogliamo e, se non lo abbiamo, a poco ci servi.
Forse cadiamo nell’inquietudine del Battista perché ti riveli come un Messia diverso da quello che attendeva, pur compiendo le opere inequivocabili del messia. Ma lui, a differenza nostra, non si è sottratto al confronto con te. Noi, semplicemente, guardiamo altrove insoddisfatti e, l’insoddisfazione, genera tristezza e angoscia. Siamo affetti dal mal di vivere; scivoliamo in una depressione esistenziale che ci opprime. Allora ci sembra dover “aspettare un altro” che soddisfi i nostri bisogni dandoci gioia, piuttosto che at-tendere te. Basterà “un altro” o non finiremo per rincorrerne tanti altri…cadendo in una spasmodica ricerca di una gioia che venga a noi dal di fuori?
E tu, Signore, cosa ci offri?
Quella conversione che nasce dal vedere e imitare te nel dono di noi, prendendoci cura di quanti ci poni accanto. Vorremmo avere gioia; tu ci insegni ad essere motivo di gioia, sperimentando che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere” (cfr At 20,35) come hai vissuto ti.
Donaci, Signore, di essere aperti al tuo agire inatteso ed imprevedibile, sapendo rallegrarci sempre per quanto ci dai piuttosto che per quanto vorremmo o, peggio, rammaricandoci per quanto non abbiamo sebbene tanto inseguito.
Dacci, Signore, la perseveranza paziente dell’agricoltore, come ci ricorda San Giacomo, non lasciandoci mai cadere le braccia nell’inoperosità – derivante dalla frustrazione di non vedere i frutti auspicati – bensì irrobustendo le gambe per camminare verso i traguardi che tu ci offri -.
Donaci, Signore, di esser noi ad incarnarti: diverremo il frutto che cerchiamo!

Maranathà, vieni Signore Gesù