Pregando la Parola
+ Dal Vangelo secondo Marco
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Parola del Signore.
Che sia l’Eucarestia a fare della Chiesa non una organizzazione ma il tuo Corpo mistico, Signore, ci risulta ormai chiaro, quasi quanto il fatto che sia la Chiesa a poter rendere presente l’Eucarestia.
Che in Essa vi sia la fonte e il culmine di tutta la vita cristiana, passo passo, stiamo cominciando ad apprenderlo.
Ancora con fatica stiamo imparando a vivere una vita “eucaristica”!
Una vita di rendimento di grazie…
Ma cosa significa?
La Parola odierna, o Maestro, ci illumina.
Quante volte, come il popolo d’Israele, rapiti magari da fervore o zelo siamo pronti a dire: “Quanto il Signore ci ha detto, lo faremo e l’osserveremo”. Poi, la nostra flaccida volontà, ci porta ad essere incostanti, a smarrirci.
Una vita eucaristica è una vita che non ricerca in se stessa la forza, ma attinge costantemente a te, Signore, perché alle parole corrispondano i fatti, alla fede seguano le opere e, alle intenzioni, l’agire.
Una vita eucaristica è una vita pronta ad alzarsi sempre verso il Cielo, alzando quel calice che è benedizione di ogni situazione; che sa ringraziare per ogni cosa, felice o avversa, nella consapevolezza che preziosa agli occhi del Signore è pure la morte dei suoi fedeli (cfr. Sal 115). Una vita di ringraziamento perché una vita grata, pur nell’ora più gravata della sua storia personale o comunitaria.
Una vita che attraversa non solo il tempo e la storia ma come te, Cristo Gesù, è capace di attraversare persino i cieli stessi, fino ad entrare nel “santuario”, (cfr. Eb 9,11-15) per offrire tutta se stessa e non solo “qualcosa” che si possieda. In altre parole, una vita eucaristica è una vita radicalmente, e non ritualmente, sacerdotale. Perdonaci perché troppo spesso, nella nostra scarsa fede, continuiamo ad offrire la tua sola vita e non la nostra in te.
Una vita eucaristica è, perciò, una vita che perpetua, nel suo offrirsi, il tuo offrirti e, nell’offrire te, trova la grazia necessaria per offrire se stessa. Una vita dove il “fate questo in memoria di me” – che ci comandasti – non è solo ricordare quanto hai fatto tu, Signore, ma “fare noi come facesti tu” nella concretezza della nostra esistenza. Un prendere e spezzarsi, con gratitudine, per lasciarsi mangiare da chi ci sta accanto, affinché si componga nell’unità l’umana famiglia. E, nella consapevolezza che non c’è unità senza remissione del male che ci separa, ci divide, essere pronti a pagare di persona – versando il proprio sangue – perché sia perdonato agli altri ogni debito come anche tu lo perdoni a noi (Cfr. Mc14,12-16.22-25).
Allora, o Maestro, saremo pronti, anche noi, ad uscire da ogni celebrazione come tu uscisti dal cenacolo, cantando l’inno pur dirigendoti verso il compimento doloroso del Getzemani ( Mc 14,26). Allora sapremo fare la volontà del Padre, nell’ora gioiosa come nella sofferta, con la certa speranza che tutto sarà sempre e soltanto preludio di vita eterna.
Amen